LA LETTERA DI AGOSTA: DIFENDO LA DIGNITA’ DEL CONSIGLIO, IL MIO E’ UN ATTO DI RESPOSABILITA’
Il giorno dopo, parla Marco Agosta, capogruppo del Pd in consiglio comunale. E lo fa non muovendo mezzo millimetro indietro. Fermo lì, al banco vuoto di ieri, perché, scrive nella sua lettera aperta al sindaco, “quando, su alcune delibere tecniche propedeutiche al Bilancio di previsione del Comune il capogruppo del partito di maggioranza che sostiene il sindaco esce dall’aula non è per caso”. Né è casuale, secondo Agosta, la reazione di ieri pomeriggio di Gnassi, “che trasuda di livore; scomposta”.
Agosta entra nel merito dei famosi emendamenti ritirati lunedì sera, temi che in altre circostanze “avrebbero trovato una sintesi negli atti amministrativi in poche ore”. “Eppure ti proponi come il sindaco per eccellenza della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica”.
L’emendamento sull’irpef (presentato da Pazzaglia) prevedeva “ritocchi sulle fasce di reddito più alte, pur mantenendo il criterio della progressione, hanno un forte significato simbolico e pratico”, scrive. “Tradotto: chi ha di più lascia qualcosa in più, per coprire i bisogni di base della comunità su alcuni servizi in sofferenza agli ultimi”. Perché, spiega “quest’anno saremo tutti ‘spremuti come limoni’” per racimolare i soldi per pagare tasse che andranno a coprire il debito pubblico depauperando i servizi nelle comunità locali. “A maggior ragione le fasce medio basse saranno quelle in maggiore sofferenza. A loro va la nostra massima attenzione”.
Ragionamento che vale anche rispetto al fondo per la produttività dei dirigenti: “ridistribuiamolo agli stipendi degli amministrativi di base”, per i quali, invece, il fondo di produttività è stato abbassato di 400mila euro.
Del regolamento della tassa di soggiorno (qui l’emendamento era stato presentato a doppia firma, Agosta-Morolli) dice “farraginoso, non adeguatamente concertato, delega in bianco alla giunta sotto il profilo del quantum, della sua applicazione o revoca, generico su dove verranno spesi i proventi riscossi con l’imposta, ecc”.
E tuttavia il problema non è il fatto che ci sia qualcosa “che non va”, il problema è un altro. “Il bilancio è blindato, ognuno può avere i suoi ‘se’ e i suoi ‘ma’, ma una volta condivise le linee generali dell’impianto non si tocca più nulla”. “E poco importa se la minoranza in commissione implora il tempo per ‘studiare le carte’ e qualche consigliere di maggioranza di approfondire nel merito”.
Agosta ha ancora in bocca il sapore del giorno del famoso “cambio di passo” per Rimini. “Alcune immagini cariche di significato in cui abbiamo creduto in molti quando abbiamo vinto le elezioni comunali, con il fiume di cittadini che entrava nel Palazzo comunale da te ribattezzato la ‘casa comune’, trasparente, di vetro, aperta a tutti, sono diventate cartoline sbiadite”, scrive.
“Non abbiamo bisogno di consumare l’impegno politico nell’arco di un’immagine ripetuta, magari patinata, da spendere sui media e la stampa per i tuoi cittadini per dire “ci sono”, quando il confronto non c’è più. La partecipazione è solo una facciata: i cittadini che chiedono di essere ricevuti e tu non incontri, le categorie e i mondi imprenditoriali che chiedono segnali e fatti che tu non dai, la maggioranza che vuole aiutarti ad amministrare questa città sottoponendoti i problemi che incrocia e che tu mal sopporti nel delirio della tua autosufficienza”.
E se ieri non è stato Gnassi a richiamare alla responsabilità i consiglieri ‘fuoriusciti’ oggi è il leader della rivolta a richiamare il sindaco. “Il mio ruolo, come il tuo, ci impongono responsabilità: tra queste, quella di mia competenza è di difendere la dignità del consiglio e il ruolo dei consiglieri del Partito democratico, il tuo partito”. “Il Bilancio è un atto di responsabilità verso la nostra comunità, tanto più in questo momento di difficoltà per il lavoro, per le imprese, per i nostri cittadini e per quello che succede a 100 chilometri da casa nostra. Non può essere che questo senso di responsabilità che abbiamo, in quanto consiglieri di maggioranza, sia preso come pretesto per trasformare quel ragazzo del Pd pieno di passione per la politica nell’uomo solo al comando. Perché non dura Andrea”.
Agosta ne ha anche per la Petitti, che ieri è stata molto dura con i ‘fuoriusciti’, la “nostra segretaria che a parte i superlativi roboanti, non ha ancora messo a fuoco il suo ruolo in questa delicata partita”.
In conclusione cita il detto andreottiano secondo cui “il potere logora chi non ce l’ha”. “A me pare che in casa nostra il potere logori chi ne ha troppo”.
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